ESSERE COPPIA – Alle radici dell’”Alter Interiore”

ESSERE COPPIA – Alle radici dell’”Alter Interiore”

Qual è la motivazione base a vivere? La relazione, senza dubbio.

Lo scambio fa la vita, la fa nascere, la fa esprimere, la fa evolvere. Quando cessa lo scambio, è la fine della vita. Accade in natura, in tutte le forme viventi, dalle più semplici alle più complesse. Tutto esiste ed avviene grazie allo scambio, soprattutto alla qualità dello scambio, dunque grazie alla relazione. Non solo la filosofia umanista e personalista, ma ultimamente le numerose scoperte nel campo delle neuroscienze – che studiano lo sviluppo ed il funzionamento del cervello umano – lo confermano:

il funzionamento del cervello è possibile solo se c’è relazione – e relazione di qualità.

Esistiamo infatti grazie ad un incontro d’amore, siamo cresciuti nel grembo materno in una relazione ininterrotta con la nostra mamma per 9 mesi, ovvero circa 40 settimane, pari a 280 giorni, 6.720 ore, 403.200 minuti. E quante cose succedono in un minuto…?! Per tutto questo tempo, il bimbo in pancia e la sua mamma hanno scambi in modo ininterrotto, sia dal punto di vista biochimico che strettamente relazionale, cioè emotivo, sensoriale, comportamentale, mentre quel corpicino segue il suo programma unico, del tutto autonomo, di crescita e si sviluppa ad una velocità vertiginosa. Dalla fusione della cellula uovo della nostra mamma con la cellula uovo del nostro papà fino alla formazione completa di tutti i nostri organi interni, neuroni cerebrali e nervi, muscoli, ossa, arti, organi di senso e così via passano solo 9 mesi. Durante quei pochi mesi, nel nostro piccolo cervello si imprimono già moltissime memorie delle nostre esperienze relazionali. Tracce indelebili di percezioni e risposte sensoriali ed emotive, non verbali, non consapevoli, che tuttavia ci indirizzeranno per tutta la vita.

Allo stesso modo, dopo la nascita, sono del tutto decisive le esperienze affettive del primo anno di vita. Le registrazioni al videotape condotte a partire dagli anni ’70 ad oggi da un folto gruppo di studiosi su come si consolida l’attaccamento tra madre e bambino hanno messo in luce come il bambino ammassi una quantità sufficiente di ricordi esperienziali durante questo primo periodo di vita da poter ben presto stabilire con sufficiente prevedibilità cosa può aspettarsi dagli altri nella vita, che tipo di posto il mondo sia, come ci si possa più o meno agevolmente stare. Stabilire infatti cosa ci si può aspettare, formarsi cioè una prevedibilità, svolge una funzione protettiva biologica fondamentale per la sopravvivenza. Non possiamo infatti muoverci nel mondo senza sapere quali siano i pericoli e come proteggercene per sopravvivere. Sappiamo infatti che il primo bisogno da soddisfare per poter procedere nel creare e mantenere relazioni è il bisogno di sicurezza, cioè il bisogno di sentirci al sicuro, rispettati nella nostra integrità fisica, psichica e morale.

A cosa equivale per un infante soddisfare il proprio bisogno di sicurezza?

Tenendo conto che egli è del tutto incapace di accudire se stesso, anzi, è completamente vulnerabile perché dipendente dagli altri nel soddisfacimento dei propri bisogni, il bisogno di sicurezza implica per lui cercare di scoprire come garantirsi quelle relazioni di accudimento, di cura, nutrimento fisico e psichico e protezione dai pericoli. Un neonato non ha le parole, nemmeno un infante. Fino a due anni d’età, le vie per comprendere cosa aspettarsi sono per loro di carattere eminentemente procedurale: il bambino osserva attentamente e memorizza cosa succede prima, durante e dopo una data esperienza con le persone che si prendono cura di lui. Si tratta di memorie dette “procedurali”, “senso-motorie”, perciò di carattere principalmente qualitativo. I “modi” cioè con cui gli adulti si relazionano ai loro piccoli sono molto più importanti e significativi dei “cosa”. Possiamo fare molte cose, ma ciò che per il bambino fa la differenza e va a formare il suo personale modello di prevedibilità sono i MODI che usiamo nel relazionarci con lui. Dunque, i modi con cui lo allattiamo, gli cambiamo il pannolino, il tono di voce con cui gli parliamo, i nostri ritmi mentre giochiamo con lui e l’attenzione ai suoi ritmi, le intensità del nostro tocco, le espressioni del nostro viso, il nostro contatto oculare con lui e molto altro ancora. Tutto          sesto ha un impatto completamente diverso se siamo consapevoli e sintonizzati o meno ai bisogni del bambino mentre interagiamo con lui.

Per un bambino molto piccolo è talmente essenziale alla sopravvivenza garantirsi il legame con chi si prende cura di lui che è disposto ad adattarsi alle richieste degli adulti anche se sono molto frustranti, trascuranti e traumatiche rispetto ai suoi bisogni. Un bambino che ad esempio manda segnali che è sazio e non ha più fame può scoprire che se vuole continuare a vedere il sorriso sul volto della sua mamma deve sforzarsi e continuare a mangiare, perché la mamma insiste e si arrabbia con lui se rifiuta il cibo. Quando un’esperienza di questo tipo si ripete con regolarità può facilmente accadere che il bambino, spaventato dal rischio di perdere il sorriso della mamma e – peggio ancora – forse anche il suo amore, si forma la previsione che solo se metterà da parte i suoi bisogni, si sforzerà e si iperadatterà potrà garantirsi le relazioni a cui tiene. Si tratta di un modello previsionale inconsapevole, fissato nella memoria e che verrà usato in modo automatico molto probabilmente nel corso della vita per mantenere i legami affettivi ed evitare la trascuratezza, la solitudine, l’abbandono che all’inizio dell vita erano del tutto terrorizzanti. E non solo all’inizio della vita… Quella mamma che forza il bambino e la decisione inconscia del bambino di far contenta la mamma rinunciando a ciò che lui ha bisogno per assicurarsi l’amore della mamma diventa uno dei più comuni modelli di “Alter Interiore” con cui possiamo mandare avanti la nostra coppia, fin quando forse non sopraggiungerà una crisi che viene facilmente interpretata, erroneamente, come “fine dell’amore”. (1.continua)